- 1 Sternensaus (5:18)
- 2 Short Story l (3:49)
- 3 Mixed Media (3:25)
- 4 Die Auseinandersetzung (6:20)
- 5 Sketch l (1:03)
- 6 Des Nächtens (4:13)
- 7 Sketch ll (1:03)
- 8 Short Story ll (2:07)
- 9 Musik für Schmetterlinge (5:03)
- 10 Sketch lll (0:57)
- 11 Short Story lll (2:23)
- 12 Navigation Spatiale (5:00)
- 13 Music for Bumble Bees (6:42)
Album Info
- Meinrad Kneer – double bass
Recorded by Meinrad Kneer, Berlin, Germany, November 2019
Mixed and mastered by Alexis Baskind, Berlin, Germany
No edits, no overdubbing, no effects and no preparations used.
All compositions by Meinrad Kneer, ©BUMA/STEMRA
Special thanks to Susanne Fröhlich, Alexis Baskind and Andreas Willers
design: lysander le coultre (strangelove creatives)
photography: monique besten
distribution: www.subdist.com
evil rabbit records is a member of www.toondist.com
Reviews
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Petr Slabý, 17 may 2021, hisvoice.cz
CD Vocabularies Meinrada Kneera obsahuje rámcově tři typy kompozic. Tři zhruba minutové tracky označené jako sketch jsou skutečně skicami, ale mají v sobě vždy nosný nápad a jiskru, která by mohla ledacos zažehnout. Další triáda signovaná jako short story (v rozsahu cca od dvou do tří a půl minut) má skutečně jakýsi narativní charakter, ale jsou to spíše poklidné vyprávěnky než dramatické vypointované příběhy, což má ovšem při průběžném zařazení mezi další kusy patřičný zklidňující efekt. Sedm na určité „téma“ vytvořených skladeb má pak charakter, který se do značné míry odráží už v jejich názvech. Nejblíže ke „krátkým povídkám“ má i stopáží tříapůlminutová Mixed Media, kde je ovšem výraznější členění a zvraty – vlastně je to minipřehlídka různých technik. Kosmický nádech pak nezapřou Sternensaus a Navigation spatiale, je to ovšem náruživé i dobrodružné nebezpečné putování v nejistých končinách, žádný hvězdný prach či space music. Spíš kličkování mezi černými dírami, které vyžaduje zkušeného lodivoda. Ze života hmyzu jsou třepetavá i plavná Musik für Schmetterlinge plná mihotavého motýlího pelu a ponorná Music for Bumble Bees , kde je vnitřně bohatý život čmeláků předložen jako na talíři. Vynikající atmosféru má plíživé záchvěvné nokturno Des Nächtens. Osobně řadím nejvýš vskutku mistrovskou, značně rozvrzaně nervní, ale i umně vypletenou kompozici Die Auseinandersetzung se skvělým zrychlováním krátkých i dlouhých tahů. Je to skutečně taková popotahovačka, bouřlivý spor s občasným zámyslemi. Vprvdě krásný slovník dovedností hry na kontrabas, kde i bez použití jakékoliv preparace či efektů uslyšíte tóny nevídané.
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Stef Gijssels, 10 january 2021, free jazz collective
This is the first solo bass album by German Meinrad Kneer on his own label. In thirteen pieces he offers us a demonstration of high intensity playing as well as disciplined excursions into integration multiple techniques of attack (plucking, bowing, hitting at the same time). Without being programmatic, Kneer gives a wonderful overview of the possibilities of the language(s) of his instrument, telling short stories with their own development, different moods and resolutions.
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Ken Waxman, 21 december 2020, jazzword.com
Dedicated to exploring the intricacies of the double bass, Peruvian-American Jorge Roeder and German Meinrad Kneer are the latest string players to try their hand, finger and bow with solo bass work.
Kneer who plays with the likes of Ab Baars and Gerhard Gschlößl dedicates his 13 selection to applying extended technique to the bull fiddler’s body and wound strings. Meanwhile Roeder, who works with Shai Masestro and Ryan Keberle, is more committed to the mainstream – he also plays standards here. But his interpretation of South American themes lifts most of his 13 selections past typical expectations.
(…)
Wood, skin and wound catgut are more obvious on Vocabularies as Kneer works his way through solo excursion vocabularies. While Roeder’s playing could be characterized as clean and dependent on supple string motion, Kneer’s concepts emphasize the wood of the instrument and the thickly wound tautness of the strings. Knife-sharp arco patterns and super-staccato pizzicato thumps maintain vibrating pressure throughout. That doesn’t mean there aren’t sequences of delicacy and elegance though. For example, “Des Nächtens” includes sweeping string variations that could work within the confines of chamber music. But by its climax, vibrating sweetness is replaced by fading sul ponticello contrasts.
More generic are tracks such as “Musik für Schmetterlinge” and “Short Story l”. The latter lives up to its name by displaying plucked theme variations, as the track moves in concentric circles. Eventually neck-shaking triple strumming predominates before relaxing into less frenetic rhythms. “Musik für Schmetterlinge” on the other hand has the string motions pitched so tautly that it resembles a piccolo or a slide-whistle before descending to low-pitched patterning. Staccato twists mixed with resounding pokes are part of a strategy to expose as many variables and techniques as possible. There are points, as on “Short Story lI” though where twanging is so pointed that the quaking timbres move past instrumental to almost electronic sound manipulation.
Overall though the narratives are linked to double bass playing as much as they are chapters from the literature about alternative string creativity. In fact, the penultimate “Navigation Spatiale” is an entire essay in articulating knife-sharp, ear-wrenching s strokes that the subsequent triple stroking is so kinetic it too seems to be electrified. Thinner strokes propel the theme right onto the final “Music for Bumble Bees”. Rather than mere buzzing however, the concluding strokes set up a drone of exquisite low-pitches that shift and swell with the power of waves breaking on a rocky sea shore.The bass can have many singular musical faces. Two of the most profound are expressed on these solo CDS.
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Aldo Del Noce, 5 december 2020, soundcontest.com
Se si conviene che durante un concerto jazz il momento dell’assolo di contrabbasso è ritenuto quello giusto per defilarsi dall’evento (almeno così si è spesso malignato), l’esperienza può indurci a pensare diversamente per un programma di solo strumentale, in sé cosa infrequente, per non dirsi di quanto attiene alla progettazione di una operazione siffatta, quando affidata ad un carattere di dominante improvvisazione.
Praticante entusiasta dello strumento e manager della quotata etichetta ‘open’ Evil Rabbit, il tedesco Meirad Kneer ha appena segnato il tornante della trentesima uscita della propria label concedendosi protagonismo in solo, e (cosa ricorrente in questi tempi) ne ha condiviso a distanza l’ascolto con noi, fornendo fluviali risposte a nostre domande d’approfondimento, da cui traiamo ulteriori materiali a commento di un lavoro in coda ad una serialità non prodiga, in effetti, di tale aspetto del solismo, ma che può vantare forti esperienze quali quelle di Miroslav Vitous o William Parker, e nelle aree più ‘avant’ ricordiamo certamente quelle dei giovani Pascal Niggenkemper o Sean Ali, considerando il più recente ritorno in solo di Barre Phillips, per non dirsi delle innumerevoli esternazioni di un Barry Guy, ed è proprio in riferimento al titolo che si apre l’introduzione dell’autore-performer.
“Nella musica improvvisata, non soltanto nel jazz, il musicista sviluppa un proprio “vocabolario” di tecniche e suoni, al fine di definire la propria unicità espressiva, insomma aggiungendo qualcosa di personale a possibilità musicali già esistenti, sia pure agendo e reagendo differentemente e così creando una trama sonora nuova e prima inascoltata. Inoltre, ogni improvvisatore edifica linee musicali molto personali, in termini di aggregazione, frizione, tensione etc. oltre alla personale (micro-)tempistica: ciò è fra le tante ragioni che motivano la realizzazione di un album in solo, in coda a tutti quei grandi artisti che hai menzionato. Non si trattava di reinventare alcunché, piuttosto attingere ad un nuovo bacino di possibilità e di raccontare la propria storia!”
Non è in effetti nei sensi di una radicalità a perdere che s’investe la sperimentata arte del Nostro, di evidente dimestichezza con la sintassi tradizionale ma certamente più investito nelle istanze della musica creativa o dello instant-performing, non certamente fissato nella pur sconfinata area del free jazz, ma anche a certe forme di avanguardia post-accademica, potendo evocare oltre ai citati altre ascendenze di ricerca creativa come quella (peraltro riconosciuta dallo stesso Kneer), appassionata ed inesauribile, del nostro Stefano Scodanibbio, anche se di fatto questa vena artistica sembra abbeverarsi, anche a detta del medesimo, di molteplici ed ulteriori influenze, ivi comprese quelle le arti scrittorie e visive:
“Ritengo che anche ad un livello subconscio molte cose influiscano sul mio modo di suonare specifiche, ma è arduo definirle, così direi che quasi tutto nella mia vita colora ed impronta il mio modo di suonare e le mie idee sull’improvvisazione. Amo molto leggere (soprattutto classici, ad esempio Dostoevsky o Melville, ma anche Bulgakov o Murakami – solo per citarne alcuni), visito mostre d’arte contemporanea. Ascolto molta musica, che mi dà – spesso inconsciamente – idee per la mia, scritta o improvvisata, ad esempio musica classica, musica contemporanea, musica antica… qualunque cosa inizi ad attirare la mia attenzione, un suonatore di oud, un suono di koto o un suono di registratore, alimenta la mia immaginazione e aggiunge possibilità per il mio suonare il basso. E anche in base ai commenti dopo una mia esibizione, su qualcosa del mio modo di suonare che ricordato questo o quello strumento, o un suono della natura o qualsiasi altra cosa, posso così immaginare che il mio modo di suonare sia influenzato da un’ampia collezione di cose”.
E le tredici misure di “Vocabularies” sono in effetti un’estensione adeguata per prender confidenza e tentare un’analisi dello sfaccettato idioma del solista e autore, che non dispensa mimesi strumentali ma anche eterogenee onomatopee, sfruttando con completezza ed ardimento il complessivo corpo strumentale, puntando verso le estensioni più stridenti così come allo hardcore delle frequenze gravi, giocando su una molteplicità di timbriche in simultanea, pur mantenendosi radicato ad un solido contatto idiomatico con il proprio strumento, conferendovi portata lirica senza disconoscerne l’ampio potenziale di sorpresa.Tutto ciò insomma, perché non rimanga confinato al tecnicismo, invoglia ad un ascolto attento anche nel dettaglio fenomenologico, che renda ragione delle componenti sia macro-uditive che micro-acustiche, che altrimenti rimarrebbero appannaggio percettivo del performer.
Con alternanze di invettiva, contemplazione ed introspezione condivisa, con personale combinazione di istinto ed estetica e con un grintoso segno partecipativo alla selezionata serialità di cimenti in contrabbasso-solo, non soltanto facendosi centro e motore del proprio one-man-show, il maturo Meinrad Kneer suggella un importante traguardo della personale ed assortita label (abitata da grandi assi dell’improvvisazione tra cui Ab Baars o Biliana Voutchkova – oltre ad un episodio coinvolgente il compianto Gianni Lenoci).
“Dopo ben 25 anni dedicati al far musica (e a produrla) ho pensato che fosse ora di metter insieme e ricercare quello che ho ottenuto finora, e questa registrazione ha essenzialmente lo scopo di documentare lo stato del mio sviluppo artistico a questo punto della mia vita”. -
Jan Hocek, november 2020, jazzport.cz
Nizozemský jazzový kontrabasista, skladatel a improvizátor MEINRAD KNEER vydal letos v červnu svoje první double bass solo album, jež dostalo titul „Vocabularies“. Jde o třicátou položku labelu Evil Rabbit Records, který v roce 2006 spoluzakládal. Ostatně již jsem o tomto vydavatelství psal v souvislosti s dvojicí skvostných titulů z roku 2016. Od přelomu let 2011/12 žije Kneer v Berlíně, kam o tři roky později přetáhnul i label…
Kneer si mezinárodní renomé vydobyl definitivně v roce 2002 albem „New Anatomy“, které natočil s vlastním souborem Dalgoo; inspirací mu byly básně, povídky a deníkové zápisky Stalinovy oběti Daniila Charmse. Do dnešního dne má na svém kontě jako lídr či sideman na tři desítky alb. V letech 2007–2011 čile spolupracoval s flétnistou a improvizátorem Markem Albanem Lotzem. V Berlíně založil významný Phosphoros Ensemble, jehož členem je například saxofonista, klarinetista a flétnista Frank Gratkowski. Kneer „Vocabularies“ natočil pouze s kontrabasem, který nijak nepreparoval, technicky neupravoval, nesamploval; stačily mu k tomu jen prsty a smyčec v reálném čase. Přesto vytvořil narativně i zvukově nahuštěnou hudbu, byť notně experimentální. Pokud je posluchač ochoten ji přijmout, čeká ho pořádná porce dobrodružství!Album obsahuje třináct skladeb, z nichž každá je osobitým improvizačním klenotem. Je opravdu neuvěřitelné, co Kneer dokáže ze svého korpulentního nástroje dostat. A nikdy nezůstane jen u jedné polohy či výrazu, vše se prolíná, dynamicky i zvukově proměňuje v každé skladbě. Největším místrem je ve hře smyčcem. Rve ze strun drásavě noisové poryvy (úvodní „Sternensaus“), vrhá se na drtivý minimalistický monolit se skřípavou hysterii („Die Auseinandersetzung“, čili „Konfrontace“), dosahuje mysteriózní nálady skrze ponornou melodii, zpěvnou čistotou i zvukově vulgární špínou přibarvované („Des Nächtens“, tedy „Noci“), tvoří spektrální hudbu („Musik für Schmetterlinge“, čili „Hudba pro motýly“, také „Navigation Spatiale“); v závěrečném majstrštyku „Music For Bumble Bees“ (nejdelším tracku – 6:42) pak vybrušuje dvojhlasy dronů proměnlivé intenzity, v jedné chvíli i trojhlas (!), jež střídá s drsnostmi a nervnostmi. Ale ani prsty nezůstávají v kouzlech pozadu. Napodobují kupříkladu lidskou řeč při emotivním vyprávění („Short Story I.“), cirkuluje jimi po strunách s přerývavou vášní („Short Story II.“), švitoří a pitvoří se („Sketch II.“), vybrnkávají melodická torza se střídavou fyzickou razancí („Short Story III.“) a přetváří kontrabas v perkusivní nástroj („Sketch I., Sketch III.“).
Summa summarum: skvělé album z hájemství jazzové avantgardy!
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Mario Biserni, 26 october 2020, sands-zine
Il contrabbassista tedesco Meinrad Kneer è, in combutta con il pianista olandese Albert Van Veenendaal, fondatore e titolare del marchio discografico Evil Rabbit Records (coniglio maligno, nomignolo contradditorio come potrebbero esserlo bradipo veloce o vigogna carnivora), una delle case discografiche che si va maggiormente distinguendo in ambito di new wave del jazz e le cui produzioni sono individuabili a colpo d’occhio per il look sobrio e personalizzante.
Dopo una manciata di dischi in collaborazione con altri strumentisti – su Try Tone, Creative Sources e, il maggior numero, proprio su Evil Rabbit – Kneer approda al disco per solo contrabbasso. Immagino già, a questo punto, la vostra reazione … «un altro disco di solo contrabbasso, che due maroni, ne esistono già di cotti e di crudi». L’osservazione avrebbe una sua logica, se … ma non verrebbe fatta a proposito di un disco di solo pianoforte o di solo chitarra, e a tal punto questa logica vien a cadere. Bisogna anche tener conto del fatto che Meinrad naviga sulla cinquantina e “Vocabularies” è il suo primo disco in solitudine, laddove succede che pivellini di ben più scarsa esperienza si cimentano senza problema alcuno con la prova in solitudine. Con ciò non voglio dire che questo disco abbia caratteristiche di assoluta originalità o che si tratti di un’opera innovativa, indubbio è il debito da pagare nei confronti del grande Peter Kowald, pur tuttavia Kneer possiede un proprio mood artistico non proprio specifico ma comunque sufficientemente identificativo. Fra le sue caratteristiche un non comune senso melodico, come nello splendido notturno Des Nächtens, e il tentativo di sfuggire all’astrazione tipica di molti suoi colleghi (soprattutto in ambito free), come nel delicato svolazzare di Musik Für Schmetterlinge o nelle altrettanto significative Navigation Spatiale e Music For Bumble Bees. Forse sta proprio in ciò la sua caratteristica principale, nel voler dare un senso concreto alla propria musica. -
Achim Doppler, August/ September 2020, Concerto Nr. 4
Mit dem 50jährigen Deutschen Meinrad Kneer steht fürwahr ein „Kontra-Bassist“ vor uns. Einer, der zumindest zwei der im Albumtitel angesprochenen Vokabularien perfekt spricht. Zunächst ist Kneer ein eminent handgreiflicher Spieler, beruht doch sein Zugriff auf die Harmonik auf der physischen Größe des Basses und einer Herangehensweise, ihn über die gezupften, geschlagenen und geklopften Saiten perkussiv zu öffnen, was zu unterschiedlichen Tonalitäten führt, die in einen modalen Rahmen aus Zeit und Raum integriert sind.
Anderseits ist Kneer in der europäischen klassischen Schule aufgewachsen und hat sich zu einem Improvisator von großer Vielfalt und Tiefe entwickelt, der Harmonien auf serielle Weise ausbildet im Versuch, sich nie zu wiederholen, bis er alle klanglichen Möglichkeiten durchlaufen hat.
Kneer ist äußerst geschickt im Umgang mit dem Bogen und viele der insgesamt 11 enthaltenen Stücke beinhalten die Erforschung der multiphonischen Möglichkeiten der Arco-Technik. Kneer überläßt sich hier ganz seiner stupenden musikalischen Vorstellungskraft und zaubert ein wirbelndes Universum aus räumlichen Rhythmen und gestreckter Zeit. -
bertl, october 2020, freistil #92
Eine ganze Platte nur Kontrabass-Solo, muss das nicht zwangsläufig eine langatmige Angelegenheit sein? Auf Meinrad Kneers Vocabularies ist das mitnichten der Fall. Ganz im Gegenteil!
Das Vokabular, dessen sich Kneer bedient, ist wahrlich breit gefächert und vielseitig. Sowohl zupfend als auch mit dem Bogen bearbeitet er sein Instrument auf ungemein virtuose Weise, unter anderem gern Obertöne, auch Räume, die gerade der Bass zwischen den Elementen des temperierten Tonsystems großzügig anbietet, Möglichkeiten zu Zweistimmigkeiten sowie Geräuschpotentiale freudig nützend. Bei aller Vielfalt beeindrucken die Fokussiertheit, die Frische und die Ausdruckskraft in Kneers Spiel. Die Stücke der Platte werden so, manchmal treibend und unmittelbar mitreißend, manchmal zurückgenommen und tastender, zu immer spannenden, vielschichtigen Erzählungen , die von Anfang bis Ende zu fesseln vermögen. So ist Vocabularies eine sehr eindruckvolle Tour de Bass, die nur wärmstens empfohlen werden kann. -
ferdinand dupuis-panther, september 2020, jazzhalo.be
Der studierte Biologe Meinard Kneer ist außerdem auch Kontrabassist und Komponist sowie auch Eigner von Evil Rabbit Records. Seine Musik lotet die Grenzen von Jazz, improvisierter Musik und komponierter Gegenwartsmusik aus. Nach Studien in Hilversum und Amsterdam wurde er schnell Teil der Szene der freien Improvisation. Nach Jahren in den Niederlanden siedelte er 2011/12 nach Berlin über. Zurzeit leitet er u.a. das Meinrad Kneer Quintet, das Trio Baars / Kneer / Elgart und das Phosphoros Ensemble. Zu hören ist er obendrein mit dem Julie Sassoon Quartet, dem Andreas Willers Septet, dem Peter Van Huffel Octet und Bite the Gnatze.
Zum aktuellen Soloalbum lesen wir unter anderem folgenden Kommentar: „'Vocabularies' has become a record that the bass nerds will love. In addition, anyone studying the pool’s capabilities should spend time listening to Kneer. For he is an exciting bass player, giving the listener a new experience of the possibilities of the bass.“ (Jan Granlie, June 21, 2020, saltpeanuts.eu)
Wie ein Berserker scheint der Bassist seinen Tieftöner mit dem Bogen zu streichen. Dabei gelangt er in Tonhöhen, die an Cello und Viola denken lassen. Flirrender Klangrausch trifft auf erdige Linien. „Sternensaus“, so der Titel des Eröffnungsstücks, lässt Assoziationen an Sternschnuppenschwärme aufkeimen. Hier und da gibt es perkussive Einstreuungen mit Klick-Klick, zumeist jedoch wechseln Saitenschnarren und -wimmern einander ab. Grelles Himmelsleuchten ist dem Spiel von Meinard Kneer auf alle Fälle zu entnehmen.
Nachfolgend lauschen wir der ersten Kurzgeschichte, die Kneer eingespielt hat. Flinkes Saitenzupfen ist zu vernehmen, mal dichter und mal weniger dicht gefasst. Ein metallenes Schnarren begleitet die Sequenzen, die ein Hin und ein Her suggerieren mögen. Doch auch Momente der Kontemplation fängt der in Berlin lebende Bassist ein. „Die Auseinandersetzung“ lautet der Titel einer weiteren Improvisation. Für einen Tieftöner ungewöhnlich hohe Klangmuster erleben wir. Teilweise hat man den Eindruck, Kneer konfrontiert verschiedene Klangstränge miteinander. Sie könnte man auch als kontroverse Argumentationslinien begreifen. Ein Nein-Nein trifft, so könnte man formulieren, auf ein Vielleicht-Vielleicht oder ein Ja-Ja. Gestrichene Rechthabereien gibt es im Überfluss.
Spitzzüngig sind einige Sequenzen ausgeformt, aufbrausend ebenso. Selbst in der scheinbaren Zurückhaltung im Bogenstrich liegt eine Gereiztheit und Aggressivität. „Sketch l“ ist eine von außerdem folgenden „Skizzen“, die ins Album aufgenommen wurden. Klopfen, Klacken, Klicken, Saitenstolpern, Klanghöhen- und -tiefflüge, Galoppaden – all das findet sich in der ersten Skizze. Hochfrequente Tonfolgen in „Musik für Schmetterlinge“ lassen eher an das Geschrei der Gänse im Keilflug oder der Rast der Kraniche, aber nicht an Schmetterlinge denken. Auch immer weiter findet sich kein Bezug zum Flug und zu dem Nektarsaugen eines Schmetterlings. Eher muss man beim Zuhören an Insekten wie Maikäfer oder an das Zirpen von Grillen denken. Doch dabei übersieht man, dass es nicht die Musik der Schmetterlinge heißt, sondern für Schmetterlinge. Doch Schmetterlinge können doch nicht hören, oder? Sie nehmen also das inszenierte Geschilpe und Gekreische, das Kehlige und das lang gezogene Basslastige nicht wahr, was wir hören.
Wer den Titel „Music for Bumble Bees“ liest, denkt unter Umständen spontan an den „Hummelflug“ von Rimski-Korsakov. Tief brummend ist das, was dank Meinard Kneer an unser Ohr dringt. An einen Formationsflug von Hummel könnte man denken. Doch in Wahrheit fliegen Hummeln nicht im Schwarm, um Nektar zu sammeln. Ein nervöses Saitengestreiche lässt an den wilden Hummelflug denken. Eingefangen werden das Auffliegen und die Suche, um dann auf vollen Blüten zu landen und Nektarbeute zu machen, so ließe sich der Höreindruck in Wortbilder einbinden. Industrial Noise ist eine weitere Charakterisierung für die Musik, wäre da nicht ein Titel, der in eine andere Richtung weist. -
Zipo, july/ august 2020, aufabwegen
Selten genug tritt Meinrad Kneer, der Boss des Labels mit dem bestechend einfachen Verpackungskonzept (schwarze Pappklapphülle mit Kreisauslassung, in der per Inlay die Künstlerinfomrationen zu sehen sind – vom white label zum black sleeve) in Erscheinung.
Auf Vocabularies stellt er in 11 Stücken seine Herangehensweise an den Kontrabass vor. Die Stücktitel geben Hinweise auf den Charakter der Arbeit, der sich von konziser Studie bis hin zu selbstvergessenem Spiel wandelt: Sketch (in verschiedenen Nummerierungen), Die Auseinandersetzung aber eben auch Sternensaus oder Musik für Schmetterlinge.
Ob vom hurtigen Bogenstrich über Reibungen und Dämpfungen – nie geht Meinrad Kneer die Leichtigkeit verloren, die dieses Album so genießbar macht.
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Arjan van Sorge, 25 july 2020, gonzo circus
De productie van de Berlijnse contrabassist Meinrad Kneer ligt hoog, en het aantal samenwerkingsverbanden is groot. Lekker bezig dus. Er is een link met Nederland: hij studeerde hier aan het conservatorium, en musiceerde zich een weg door de Nederlandse improjazz scène. Iemand die het vak verstaat, en dat compromisloos laat horen op Vocabularies. Met veel noten, klop- en strijkbewegingen en tomeloze passie keert hij het instrument binnenstebuiten, zonder zich iets van een eventuele luisteraar aan te trekken. Vaak druk en maximaal, met iets van bezetenheid en een teveel aan energie dat door de improvisaties heen klinkt. Niet voor watjes, deze dertien ongefilterde tracks.
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Herman te Loo, 20 july 2020, jazzflits.nl
Op zijn eigen label, Evil Rabbit, was bassist Meinrad Kneer al in diverse samenstellingen te horen, van duo’s (met onder meer saxofonist Ab Baars en fluitist Mark Alban Lotz) tot een contrabaskwartet (Sequoia). Tot een soloalbum was het tot op heden nog niet gekomen, dus trok de Duitser eind vorig jaar maar eens de stoute schoenen aan. Op ‘Vocabularies’ horen we een virtuoze contrabassist, die zowel een onberispelijke klassieke (strijk)techniek als een nieuwsgierigheid naar nieuwe speelwijzen tot zijn beschikking heeft. We horen dus perfecte flageoletten en arpeggio’s, maar ook geklop met de strijkstok op de snaren. Hij zet dit alles in voor het vertellen van muzikale verhalen, zoals de titel van het album, en van sommige tracks (‘Short story I, II en II’, ‘Die Auseinandersetzung’) ook al suggereren. Zonder echt in imitatie te willen treden, suggereert Kneer ook een dierenwereld, met het gefladder van vlinders (‘Musik für Schmetterlinge’), het gezoem van hommels (‘Music for bumble bees’) en de walvisklanken die de nachtelijke spanning van ‘Des Nächtens’ oproepen. Aangezien alle tracks pure improvisatie behelzen, zijn de titels vermoedelijk achteraf ingegeven. Het uitgebreide vocabulaire helpt mee om de luisteraar geboeid te houden, en dat is knap voor een 47 minuten durende cd met alleen maar contrabas.
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Andrzej Nowak, july 2020, spontaneousmusictribune.blogspot.com
Kontrabas solo! Berlin, listopad ubiegłego roku. Trzynaście improwizacji (zwanych pokrętnie kompozycjami), 47 i pół minuty żywej, pełnokrwistej narracji, zarejestrowanej bez jakiegokolwiek wspomagania, wydanej bez post-produkcyjnych ulepszeń. Przed nami Meinrad Kneer i jego ognisty strunowiec!
Masywny, mechanistyczny smyczek na gryfie olbrzymiego kontrabasu produkuje nam piękny barok! Choć drapieżny i bezkompromisowy, to jednocześnie lekki i nad wyraz zmysłowy. Otwarcie płyty w klimatach terrific chamber dużo obiecuje! Druga odsłona stawia na pizzicato, post-jazzowe, precyzyjnie skonstruowane, kolejna gruntuje ów pomysł, choć bardziej stawia na minimalizm i … techniczne fajerwerki, przy okazji stawiając pierwszy stempel dobrej preparacji. W czwartej części powracamy do smyczka, który lśni barokiem i błotem pod stopami. Ekspresyjny śpiew od dołu do samej góry i z powrotem! Free chamber as well! W piątej – perkusyjne pizzicato, z pałeczkami pomiędzy strunami, szumem wiatru i szmerem niepokoju – one man orchestra! W szóstej schodzimy do krypty – smyczek nuci tren żałobny, rodzaj kołysanki dla spragnionych wiecznego mroku. Kolejny epizod, to kilka delikatnych szarpnięć za struny, zaś następny – zwinny taniec placów po strunach. Wszystko bardzo efektowne, czynione w tempie, z kocią zwinnością.
W dziewiątej opowieści powraca smyczek. Jęczy na gryfie, prosi o łyk wody. Mechanika pięknej akustyki, podróż wysokim wzgórzem, ale bez nadmiernej ckliwości. Kind of chamber after death! Smyczek niczym piękna baletnica zdaje się drwić z szatańskich zalotów – od ciszy po hałaśliwy jazgot! Dziesiątka, to dla odmiany antrakt bez smyka, z jazzem pomiędzy strunami, nie bez perkusyjnych plamień. Jedenastka kontynuuje technikę gry, buduje wszakże dramaturgiczny suspens. Raz wolniej, raz szybciej tańczy nie bez swingowej zwiewności. Dwa ostatnie epizody, to już bezwzględne panowanie smyczka! Najpierw garść swobodnego i siarczystego baroku. Mamy wrażenie, że włosie smyczka ciągnie się aż po nieboskłon. Moc wrażeń i emocji – pełne spektrum dźwiękowe akustycznego strunowca. Finał zdaje się stać w miejscu i powoli topić w bagiennym mule. Pełen lamentu, czerstwy strumień dźwiękowych wspaniałości. Deep & down harsh! Artysta buduje ołowiany dron i schodzi z nim ze sceny wprost do głębokiej piwnicy. Na ostatniej prostej wydaje jeszcze ze swego instrumentu kilka wysokich, ale zadziornych okrzyków. Odnajduje ciszę z wypiekami na twarzy. Brawo!
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Geert Ryssen, july 2020, Jazz & Mo’
Enkel gewapend met contrabas, strijkstok en handen brengt Meinrad Kneer op Vocabularies 11 soloimprovisaties. Een compleet album met alleen contrabas? Je zou bijna een wenkbrauw fronsen, maar die frons maakt vlug plaats voor bewondering.
Door de jaren heen heeft Meinrad een eigen en uitgebreide woordenschat ontwikkeld op dit gigantische instrument. Hij blijkt een meester in improvisatie en maker van intrigerende klanken te zijn.
Elk stuk vertelt een verhaal en de balans van stemmingen, sferen, gevoelens en tonen maakt het album tot een fascinerend werk met een aantal echte 'wow'-momenten.
Meinrad Kneer is niet alleen een technische meester op zijn instrument, maar ook een geweldige muzikant die pure inhoud creëert. Een bijzondere vermelding verdient het slotstuk Music For Bumble Bees dat finaal voor de ultieme 'wow' zorgt. -
Rinus van der Heijden, 1 july 2020, jazznu.com
Meinrad Kneer bracht een prachtig solo-album uit: 'Vocabularies', études voor de contrabas. jazznu.com bericht er met plezier over.
Meinrad Kneer, gewoon de man en zijn instrument
Eerlijk, puur handwerk. Dat hoor je al bij de eerste noten die opklinken van het album ‘Vocabularies’. Een solo-album van Meinrad Kneer op contrabas.
Ruim 47 minuten solowerk, of dat niet gaat vervelen? Niet als je een aanpak hanteert zoals die van Meinrad Kneer. Hij deelt die ruim drie kwartier op in elf stukken, pure improvisaties, die zo op de cd zijn gekomen. Niks ge-edit, geen overdubs, preparaties of speciale effecten. Gewoon de man en zijn instrument.
In het verleden hebben wel meer contrabassisten hun visie op hun instrument solo vastgelegd. Waarom ook niet, saxofonisten en pianisten zouden dat wel mogen en zij niet? Naar de bescheiden mening van deze recensent is solowerk van contrabassisten misschien wel het interessantste dat er is: de mogelijkheid om het instrument te strijken en te plukken geeft een nieuwe dimensie aan klankmogelijkheden. Bovendien leggen improvisaties de integriteit van de uitvoerder genadeloos bloot.
Meinrad Kneer huldigt het standpunt dat iedere improviserende musicus een leven lang werkt aan zijn eigen geluid, aan zijn eigen vocaulaire. Bij hem is het niet anders: deze cd heeft niet voor niets de titel Vocabularies meegekregen. Die vocabularies zijn hier hooguit zes minuten durende vingeroefeningen waarmee het wezen van de contrabas wordt uitgediept. Vingeroefeningen is misschien niet het juiste woord: de elf stukken zijn études, tijdloze studies die in het geval van Meinrad Kneer zelfs als lesmateriaal gebruikt zouden mogen worden.
Vocabularies is Kneers eerste solo-album. Een tweede hoeft er niet te komen. Om de eenvoudige reden dat de improvisaties zo uitgebeend zijn, dat je je er geen voorstelling van kunt maken dat hier nog op kan worden voortgebouwd. De puurheid van de klank maakt dat je bij het beluisteren bijna visuele beelden mee krijgt van hoe Meinrad Kneer te werk is gegaan. De ruimtelijkheid van de gestreken passages is gedrenkt in diverse sferen; waar de contrabas wordt geplukt keer je terug op aarde, hoor je de hartenklop van het dagelijks leven en word je meermalen geconfronteerd met elementen uit de geschiedenis van de jazz. Daar waar het instrument de allergrootste, legendarische jazzmusici heeft begeleid, maar ook waar het zijn eigen zeggingskracht ten volle heeft uitgespeeld.
Meinrad Kneer ziet kans die beide kanten van het instrument in één concept – het zijne – te vatten. Hij levert daarmee niet alleen een hoogstaand brevet van vakmanschap af, maar tevens een alles omvattende staalkaart van de mogelijkheden en onmogelijkheden van de contrabas. -
Geert Ryssen, 25 june 2020, Full Circle Music Blog
German bass player Meinrad Kneer has just released his solo album ‘Vocabularies’ on his own label Evil Rabbit Records. An album with only double bass? Yes! The idea of a complete album played with only double bass may seem odd and probably boring, but it is far from that! Through the years Meinrad has developed his own vocabulary on this giant instrument and proves to be a master of improvisation and creator of intriguing sounds. In spite of the fact that every piece is improvised, there’s a story in every one of them and the balance of moods, atmospheres, feelings and tones makes the album a fascinating piece of music with some real ‘wow’-moments. Meinrad Kneer is not just a technical master of his instrument, but also a great musician who creates real content throughout the eleven pieces of ‘Vocabularies’ with final piece 'Music For Bumble Bees' being the ultimate 'wow'!.
I had an interesting Q & A with Meinrad that puts more light on his playing and his art.
The album is called ‘Vocabularies’. Is it like a study about what you can do on your instrument?
‘The title of my solo album refers to my perception, that each improviser is building a completely personal vocabulary of techniques and sounds on his or her instrument in a life time, which makes him or her instantly recognizable to the experienced listener. Of course this vocabulary will change over time and is therefore constantly in evolution and development. Now, after being somewhat 25 years in the music business, I thought it’s time to harvest and look for what I’ve been achieving so far. The recording is essentially meant to document the state of my artistic development at this point in my life.’
The idea of a complete solo record with only double bass may put of a lot of people off at first sight. On ‘Vocabulary’ you show that it shouldn’t!
‘Well, being a double bass player, I love my instrument and its almost endless possibilities and therefore I think it is definitely worth recording a double bass solo record. Of course, like always in music, the player(s) should have something to say to begin with. For me, the instrument is equal to other instruments like the piano, guitar, saxophone, etc. Many amazing bass players have proven that double bass solo recordings can make a beautiful world of their own, just check out Barre Phillips, Barry Guy, Dave Holland, Peter Kowald or Mark Dresser, to name a few. And don’t get me wrong, I don’t see myself in one category with these extraordinary players.’
Are you in search in an active way for new sounds on your instrument?
‘I can’t answer that with a clear yes or no. Being an improviser, I usually find new possibilities while improvising with other players in search of a specific sound that is needed in a specific improvised moment, or while soloing in a group setting. The difficulty is to remember what happened later on and then to be able to reproduce it. But of course, by studying the masters, like for instance the one and only Stefano Scodanibbio, one learns and picks up new techniques. Working with other instrumentalists like the endlessly inspiring violinist Jon Rose or also electronic musicians, you are almost forced to develop new material and sounds while playing. So in the end, it is a mixture of finding and adapting.’
Did you surprise yourself of what is possible with four strings, a pair of hands and a bow?
‘To be honest: no, I wasn’t surprised by myself. I know what I can do on the double bass and what I cannot do. There are certain extended techniques I have been working on over the last few years, but at the end it’s much more important to make these techniques serve my musical ideas and to put them in action without hesitation, in other words, to master them in order to fit into the music.’
How much improvisation is there in the composition and how much improvisation is there in the creation of the sounds you produce?
‘The pieces on the cd are all freely improvised, I didn’t sit down first in order to create a framework or a basic composition. At the same time the musical form is very important for me, I want to tell stories through my improvisations and hope that it works out. I chose to record the music at home in my studio, so I have my equipment available whenever the inspiration and the urge to create is there. This is quite a luxury! If I would have made recordings in a studio setting, with a set time frame, the music would sound different, I’m quite sure. Now, I could collect material over a few weeks and then choose the tracks that fit together and form a nice musical bow. It was difficult at the beginning to kill some darlings, I had to kick out more or less half of the recorded material in order to find a working dramaturgy and a good length for the solo recording.’
What goes on in your head while you are playing these pieces?
‘That’s a difficult question… Preferably I don’t think of anything while improvising and let myself sink into the music in search of a kind of trance-feeling. I would describe this state of mind as a deep concentration, where there is only sound, time flow and physical self-control. Not to let yourself drift away, is the true difficulty here. To find a perfect balance between control and letting it flow is the challenge and the goal. Sometimes though, like in ‘Die Auseinandersetzung’, or the pieces called “Short Story l, ll and lll’, I clearly see in front of my inner eye a little story or a situation happening, which becomes translated into music through my hands.’There’s three parts of ‘Short Story’ and also of ‘Sketch’. Are the parts in some way connected to each other?
‘The short stories on one hand and the sketches on the other hand were improvised directly one after another and I think they are connected through a specific energy. As mentioned above, the short stories were little abstract stories in front of my inner eye, giving a certain musical development to the music. The sketches happened to become sketches by their short duration and the mixture of different - mostly rhythmical - playing techniques. They are to me something like a landscape.’
The album is very well recorded with a great and deep sound. How did you do it?
‘I’m glad you like the sound! I’m lucky to have friends who helped me with this. First of all, my friend and great guitarist Andreas Willers borrowed me two of his beautiful microphones and then the sound wizard Alexis Baskind helped to make a perfect microphone set-up for me at home, which helped us to mix and master it easily later on. Alexis is also a double bass player, so he really understands and knows how to meet my specific wishes. By the way, Andreas Willers will release a beautiful acoustic solo guitar CD on Evil Rabbit Records in autumn 2020, so stay tuned!’
Do you intend to do solo concerts?
‘Yes, that’s the goal. It’s quite a challenge but also a humbling experience to play a set of improvised solo’s in front of an audience. I would love to get the chance to develop solo playing more and more through live concerts.’
I guess playing these pieces is besides a musical thing also physically a very demanding experience. Right?
‘Playing the double bass is in many ways a physical experienc! To carry your instrument and, if needed, an amplifier around is already hard work. Then of course playing intense improvisations makes you sweat regularly. It’s a matter of learning to manage your energy. After high energy concerts – solo or with a band - you definitely need some time to recover.’
There seems to be a tendency in improvised music to play more and more with line-ups consisting of two or even one musician. Is there an explanation for that?
‘Playing in duo or solo is for most musicians a special challenge, which is practiced by more players now it seems, but finally I guess that the fact of getting less and less funding for our art in common, makes musicians choosing to play in smaller settings. Many venues/promotors have not enough money to book quintets or bigger groups anymore… In order to pay the musicians as fair as possible, the groups have to shrink. Sad, but true!’
Yes, sad but true, but then again, every situation is a challenge for the real artist to find new ways of expression and to present themselves. 'Vocabularies' adds a very good album to the series of solo records I have been reviewing lately like those by Sophie Tassignon (vocal), Mia Zabelka (violin), Susanne Fröhlich (recorder) and now Meinrad Kneer. I wish them luck and success with their new ventures!
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Jan Granlie, 21 june 2020, saltpeanuts.eu
Meinrad Kneer er bassist, komponist, improvisator, bandleder og plateselskapseier (EvilRabbit). Musikken hans beveger seg i grenselandet mellom jazz, impro, samtidsmusikk og etnisk musikk. Han studerte kontrabass ved konservatoriene i Hilversum og Amsterdam, hvor han raskt gikk inn på den nederlandske jazz- og deretter den internasjonale scenen for fri improvisasjon. I 2002 mottok han en av de mest prestisjefylte nederlandske musikkprisene: «Jur Naessens Music Award» for prosjektet «New Anatomy», hvor han samarbeidet med bandet Dalgoo, og hvor musikken var inspirert av arbeidet til den russiske forfatteren Daniil Kharms. Han er fortiden bosatt i Berlin, og han leder for tiden ensembler som Meinrad Kneekvintett, Trio Baars/Kneer/Elgart, Phosphoros Ensemble, og han jobber som en medleder i gruppene Dalgoo, Rose/Kneer/Barrett og Sequoia. Han spiller også med Julie Sassoon Quartet, Andreas Willers Septet, Peter Van Huffel Octet og Bite the Gnatze (deres innspilling «Good bike Fair Wheel» på TryTone er anmeldt HER) og I Compani, for å nevne noen, og han har tidligere jobbet med musikere som Johannes Bauer, Han Bennink, Iva Bittová, Axel Dörner, Bill Elgart, Ceylan Ertem, Fred Frith, Tristan Honsinger, Paul Lovens, Roscoe Mitchell og Jon Rose, og ensembler som Ab Baars Quartet, House of Mirrors, Gravitones, Play Station 6, Astronotes, Joost Buis-tentetten, AXYZ- Ensemble, Ig Henneman String Quartet, Marc Sinan Company, KNM-ensemblet og han har medvirket på rundt 30 plater.
På hans soloinnspilling, får vi god tid til å bli kjent med Kneer som solobassist. Han serverer 11 låter, som varierer fra små og korte filosoferinger, til lengre mer gjennomførte improvisasjoner. Platen er innspilt i Berlin i november 2019, og gir oss et godt bilde på Kneer som bassist.
Det vi får høre er, i hovedsak, «komposisjoner» hvor han bruker bassen på sin helt egen måte. Her er det ikke snakk om «streit» bass-spill og «fireflate», men mye mer utnyttelse av bassens muligheter og spennvidde. Han spiller mye med bue, noe som gjør muligheten til eksperimentering større, og gjennomgående er dette spennende, kreativ og interessant bruk av bassen.
«Vocabularies» er blitt en plate som bassnerdene vil elske. I tillegg burde alle som studerer bassens muligheter sette av tid til å lytte på Kneer. For han er en spennende bassist, som gir lytteren en ny opplevelse av bassens muligheter. Og i sjettesporet, «des nächtens» heller han nesten over i det klassiske med utrolig vakkert spill.
Det er mange yngre bassister som oppholder seg i noenlunde det samme landskapet som Kneer, men det er ikke ofte man får en hel plate med denne moderne måten å traktere instrumentet på. -
Frans de Waard, june 2020, vital weekly number 1237 week 24
With these CDs I'm entering the world of Dolf Mulder as both of these CDs contain freely improvised music; what ties them together is that one player performs the music. The instrument of choice differs; in the case of Kneer, this is the double bass. He plays thirteen pieces, all freely improvised and there are "no edits, overdubs, preparations and technical effects". In his playing it is not difficult to recognise the bass; it is what it is. Kneer is not using objects on the snares or the body of the instrument, just the bow and the snares but in the thirteen pieces, ranging from one minute to just fewer than seven, he shows an excellent variety in approaches on this instrument. There are rhythmically inspired pieces, plucking the strings, such as in the various pieces called 'Short Stories', or heavily bowed strings, dark at times, but, perhaps oddly, not always that deep; Kneer has at times a vicious strong bow that works on the high end of the spectrum; almost like pure acoustic noise. Sometimes the mood is dark and heavy ('Music For Bumble Bees' for instance), but it can be joyous and light, such as the previously mentioned short stories. All of these together give the listener an excellent idea of what Kneer does and I guess that is the purpose of releasing such solo records of improvised music. (…)
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Rigobert Dittmann, june 2020, Bad Alchemy
Die Spur von MEINRAD KNEER, sie führt von Munderkingen (wo er 1970 geboren ist) über Tübingen nach Hilversum und Amsterdam und 2012 nach Berlin. In Holland hat er mit Albert van Veendaal Evil Rabbit gegründet, seinen Kontrabass spielt er immer noch mit Tobias Klein in Dalgoo und mit Paul Pallesen in Bite the Gnatze, an der Spree dann im Julie Sassoon Quartet oder bei Andreas Willers 7 of 8. Im eigenen Quintet versuchte er mit Gerhard Gschlößl und Peter van Huffel Träume zu deuten, bei seinem Phosphoros Ensemble sang Almut Kühne Christian Morgenstern. Das reicht als Visitenkarte, um in einschlägigen Kreisen Türen und Ohren zu öffnen. Aber wer er ist, das verrät er so richtig mit Vocabularies (ERR 30), seiner ersten Soloeinspielung. Als Sammlung von Sketchen und Short Stories, als Auseinandersetzung mit Spielräumen, ohne Noten. Man hört, wie er sich Schmetterlingen und Hummeln anverwandelt und 'des nächtens' dem 'sternensaus'. Seine Handschrift neigt sehr viel mehr zu Saus und Braus als zu Waschzwang, was nicht heißen soll, dass sein rasantes Bogenspiel und markantes Pizzicato nicht mit allen Wassern gewaschen ist. Oder mit allen Ölen gesalbt? Wobei bei seinem furiosen Surren die Reibung den Reiz ausmacht. Kneer fiedelt, dass es staubt, ja qualmt. Er pickt wie mit Riesenkäfergliedern, er lässt Flageoletts schliddern, surrende Wooshes kurven. Manischem Grillengezirpe und plastischem Schrummen lässt er springende Schläge folgen und sonor summende, zartbittere Innigkeit ins Kakophone ausfransen. Um Holz, das beim Hauen und Stechen klappert, ein krabbeliges Huschen, die Finger so flink wie ein Windrädchen, der Bogen- strich ein schillerndes, ein flötendes Sägen (sägendes Flöten?). Der Bass mutiert zum Cello, zum Daxophon, fast zur Oud. Gerade noch diskant trillernd, jetzt perkussiv und gleich wieder krabbelig. Der Bogen zerhackt und zersägt Sekunden, die Finger biegen Töne, die Hände fiebern Speedlines. Eine pelzig brummende Riesenhummel surrt wie mit eingebautem Motor und kurvt wie bei einer Flugshow. Aber es ist ganz Kneers Show, der da alles außer Kaninchen und Bassistenwitze aus dem Hut zaubert.